Easter Parade

Parata di Pasqua

“Easter parade” di Richard Yates

Scrivo per la prima volta di un autore che ho amato da subito leggendo Disturbo della quiete pubblica e di cui, stranamente, non ho letto Revolutionary road, il suo romanzo ben più conosciuto.
Se volete leggere delle storie a lieto fine Yates non è proprio l’autore che fa per voi. Alla sua morte, in mezzo alla desolazione della sua casa, fu ritrovato un biglietto con riportata una frase di Adlai Stevenson che rende bene l’idea:

“Gli americani hanno sempre dato per scontato, nel loro subconscio, che tutte le storie abbiano un lieto fine”

In Easter parade ritroviamo tutto lo stile di Yates caratterizzato da una vita fatta di guerra, alcolismo, crisi depressive e periodi autodistruttivi. Yates è spietato con tutti i suoi personaggi e riversa su di loro le esperienze negative da lui realmente vissute. Ma è proprio in Easter parade che emerge l’infelicità patita in famiglia e il dolore represso accumulato nel difficile rapporto con la madre, detta Dookie. Non a caso Esther, la mamma delle sorelle Grimes protagoniste del romanzo, viene chiamata da tutti Pookie.

“Né l’una né l’altra delle sorelle Grimes avrebbe avuto una vita felice”, così inizia il romanzo. Non scoraggiatevi perché perdereste un’ottima lettura, ma allo stesso tempo non illudetevi di ritrovare un colpo di scena perché Yates vi tratterà male e vi farà amare e odiare le due sorelle, tanto diverse quanto legate dal medesimo triste destino.

Sarah è allegra e convenzionale, Emily più timida ed emancipata. La prima sposerà un inglese, metterà su famiglia trasferendosi in campagna e cadrà prevedibilmente nell’alcolismo; la seconda proseguirà, invece, gli studi ottenendo una borsa di studio che le consentirà di iniziare una carriera nella pubblicità a discapito delle relazioni personali. Il senso di solitudine che circonda le due, seppur diverse, sorelle è il tratto principale delle Grimes alle quali ci si affeziona inevitabilmente. Ma Yates è crudele nell’offrire occasioni di evasione dalla loro mediocrità, tentativi che fanno pensare a un possibile riscatto e che, invece, risulteranno vani.

E non è finita, perché a tutto questo si aggiunge ancora la compassione verso i protagonisti, emozione che emerge in un episodio particolare della storia. È il giorno della parata di Pasqua, Sarah e il futuro marito, vestiti a festa con i loro abiti migliori, partecipano svogliatamente alla cerimonia e, con sorpresa, vengono immortalati in una foto che verrà pubblicata su un supplemento del New York Times: con orgoglio i due giovani diventano, nel loro piccolo mondo, l’immagine della coppia innamorata ben vestita, avvolti nel loro romanticismo e con lo sfondo dell’Hotel Plaza. Anche se la nella fotografia se ne vede solo uno spigolo, è pur sempre il Plaza.

Questa istantanea di buone speranze sarà incorniciata con vanto da Sarah e incomberà sulla sua vita ricordandole quotidianamente quel momento di gioia ormai perso. E pensare che a Sarah nemmeno importava di quella “stupida parata di Pasqua”.