La famiglia Fang

La famiglia Fang, di Kevin Wilson

Di come la follia dei genitori possa rovinare i figli

Credevo di aver comprato un romanzo, invece, nel pieno del congedo per maternità, mi sono ritrovata a leggere un vero e proprio trattato su come non comportarsi con i propri figli, ovvero un manuale di episodi del tipo “non fatelo anche voi a casa”.
Ovviamente sto esagerando perché La famiglia Fang (Fazi Editore, 2016) è un romanzo, ma può davvero istruire su come i comportamenti estremi dei genitori possano avere conseguenze irreparabili per i figli.

Annie e Buster (ossia figlio A e figlio B) sono tutto fuorché equilibrati, vediamo quindi perché.
Annie è un’attrice diventata celebre per un ruolo che l’ha portata alla candidatura agli Oscar, ma al momento più famosa per aver mostrato le tette sul set le cui foto invadono il web. Non le piace seguire le indicazioni del suo ufficio stampa e non riesce a capire se le piacciono le donne, ma nel frattempo va a letto con il giornalista che incontra per un’intervista e manda a quel paese il suo ex-nonex fidanzato.
Buster ha scritto un libro di successo, ma si trova attualmente in una fase di blocco artistico al punto che, per guadagnare qualche spicciolo, accetta di intervistare degli squilibrati reduci di guerra che rischiano di ammazzarlo a causa del loro incomprensibile passatempo, talmente assurdo e sorprendente che non sarebbe corretto svelarlo al lettore qui.

I genitori Caleb e Camille Fang sono due artisti talmente squilibrati da diventare famosi (ma altrettanto squattrinati) per le loro esibizioni, talmente estremi da impostare la loro intera vita sull’arte mettendo in atto delle rappresentazioni che coinvolgono e capovolgono la realtà. Fin qui tutto bene se non fosse che, con l’arrivo di Annie e Buster, è l’intera Famiglia Fang ad andare in scena: complice la piccola Annie, ancora in fasce, che messa in braccio a un Babbo Natale in un centro commerciale scoppia in un violento pianto che sconvolge tutte le famiglie presenti. Un episodio che viene letto da Caleb come un segnale, come la dimostrazione del fatto che i figli, contrariamente a quanto lui pensi, non bloccano l’arte, ma possono cavalcarla.
Annie e Buster diventano inconsapevolmente e involontariamente attori delle performance estreme dei genitori e diventerà difficile riuscire a distinguere tra ciò che è reale e ciò che è rappresentazione, loro stessi non riusciranno più a capire se gli avvenimenti della loro vita sono parte o conseguenza delle esibizioni artistiche dei genitori. Una cosa è certa: i disturbi e gli squilibri del loro presente sono il risultato degli anni passati “in scena” obbligati dai genitori.

Il romanzo si sviluppa alternando la vita adulta presente con il passato dei due fratelli: così le stranezze del presente vengono spiegate e giustificate attraverso determinati episodi vissuti e subiti durante l’infanzia e l’adolescenza. Inutile dire che i comportamenti del presente sono il risultato di tali episodi ai quali i genitori Caleb e Camilla li hanno costretti a prendere parte “in nome dell’arte”.
“Andiamo a fare un po’ di arte”, dice Caleb alla moglie poco prima di avviarsi verso una nuova ridicola performance. Semplicemente insopportabile.

È un romanzo bizzarro: divertente, ma a tratti irritante per colpa (o forse merito) dei suoi protagonisti. Allo stesso tempo Wilson ha però scritto, passatemi il termine, una genialata il cui senso è racchiuso in un delirante scambio di battute fra Caleb e il figlio:

“Bruceremo anche noi casa nostra?”, chiese Buster
“No!”, gridò suo padre. “Cristo, no. Non ruberei mai l’idea di un altro artista. Soprattutto se è un pessimo artista”.

Da questo libro è stato tratto il film, con Nicole Kidman e Jason Bateman, uscito a settembre 2015. Attendo con curiosità la versione cinematografica.