La gavetta da “digital manager” della rappresentante di classe

I gruppi whatsapp dei genitori: una piaga del nostro tempo

Alcuni giorni fa un’amica, mamma di una compagna di scuola dell’infanzia (cioè la materna) di mio figlio, mi ha taggato su un post de Il Sole 24 ore che rimandava a un articolo, penso ormai noto, dedicato alle mamme rappresentanti di classe. Nello specifico  Francesca Parviero, autrice del pezzo, ha rispolverato il solito argomento che si presenta alla vigilia dell’inizio dell’anno scolastico, ossia i gruppi WhatsApp dei genitori, analizzando però il problema da un punto di vista decisamente più interessante e definendo la rappresentante di classe “la nuova eroina del digitale”.

Ora, se avete figli certamente avrete ben chiaro di cosa stiamo parlando. Se non ne avete, invece, stenterete a credere ai racconti di ciò che succede nei gruppi WhatsApp della scuola e quindi vi sembrerà eccessivo pensare che una mamma rappresentante di classe possa essere ritenuta una community manager al punto da valutare di inserire tale incarico fra le competenze all’interno del profilo LinkedIn.

Sa quali comunicazioni devono circolare nel gruppo e quali no, e quando vede qualcuno scrivere cose inappropriate o inopportune a quel contesto, evita di rispondere e sensibilizza le altre persone a non farlo per non alimentare la polemica.

Non ci credete? Pensate che sia facile fare la rappresentante e che le obiezioni che vengono fatte a questo ruolo siano le solite esagerazioni delle mamme scontente che hanno voluto fare i figli e poi si lamentano delle incombenze che ne derivano? Ne riparleremo quando vi ritroverete membri di tali gruppi perché, sappiatelo, succederà.
Starete sicuramente pensando “io mi tolgo subito dalla chat”. E invece no, perché è INEVITABILE farne parte, a meno che non vogliate isolarvi e isolare vostro figlio dal resto della classe, perché è nel gruppo che girano tutte le informazioni: vorrete per caso lasciare vostro figlio senza lo spuntino a base di frutta del lunedì mattina? O fare la figura di quelli che non tirano fuori 3 euro per il regalo alla maestra?

Bene, supponiamo che il ruolo della rappresentante di classe si fermi a far circolare tutte le informazioni e comunicazioni della classe, a raccogliere soldi per regali o per l’acquisto di materiale didattico eccezionale (per esempio per la recita natalizia). Fin qui tutto bene, sarebbe solo la versione digital della rappresentante di classe tradizionale.

Adesso pensate a come comunicate voi all’interno dei vostri gruppi WhatsApp dei quali fanno parte, solitamente, persone con cui avete una certa confidenza. Poi aggiungete il tono medio che riscontrate su Facebook nei commenti degli sconosciuti alle notizie di cronaca.

Il gruppo WhatsApp dei genitori è questo.

Tante “faccine, cuoricini, grazie, sei un tesoro” provenienti da circa 50 contatti quando, nel migliore dei casi, si tratta di comunicare un avviso (per esempio “domani si entra alle 10,30 a causa di un’assemblea”).

Tutto cambia, invece, quando bisogna comunicare le brutte notizie: “domani la scuola resterà chiusa per allerta meteo”. Una cascata di improperi vi sommergerà a partire dalla preoccupazione per non sapere a chi lasciare i bambini, per poi passare al sindaco che non capisce niente e chiude la scuola perché ha la coscienza sporca per non aver pulito i tombini e il fiume, per arrivare, infine, ai vari “bello fare la maestra e lavorare così!”.

L’apice viene raggiunto quando la brutta notizia non tocca i bambini, ma le proprie tasche. Se i genitori reagiscono come Napalm51 alla richiesta di 3 euro per il regalo alla maestra, immaginatevi quando la notizia da dare è: “sono aumentate le tariffe della mensa”. La reazione migliore che possa esserci è l’organizzazione di una mobilitazione comune in protesta dell’aumento, ma il rischio della presenza dell’analfabeta funzionale è sempre dietro l’angolo e, nella mischia, leggerete anche vari “è colpa degli immigrati che non pagano le tasse e quindi tocca a noi pagare per tutti”.

La mamma community manager di fronte a tutto ciò combatte quotidianamente tra le seguenti opzioni:

  1. uscire dal gruppo abbandonando le proprie responsabilità di rappresentante
  2. farsi trasportare dal fiume di commenti mischiandosi agli improperi (venendo quindi meno, anche in questo caso, al proprio ruolo)
  3. provare a spiegare a quello che ha fatto i commenti sugli immigrati che, molto spesso, se non pagano è perché hanno situazioni reddituali basse ed è quindi giusto che non paghino, sapendo che questa spiegazione non sarà compresa, se non addirittura ignorata
  4. mandare a cagare quello che ha fatto i commenti sugli immigrati
  5. ripetere più volte che non è necessario che tutti rispondano “grazie” a ogni comunicazione
  6. ripetere più volte che non è necessario rispondere “ok” quando si chiede di non rispondere “grazie” a ogni comunicazione
  7. ripetere più volte che non è necessario mettere la faccina che ride quando si chiede di non rispondere “ok” alla richiesta di non rispondere “grazie” a ogni comunicazione
  8. mandare a cagare chiunque scriva grazie, ok o metta una faccina ogni volta che viene dato un avviso

La mia esperienza si ferma alla scuola materna e scalpito all’idea di arrivare alle elementari perché, in quei gruppi, ho sentito di cose che voi umani non potete neanche immaginare.

Adesso vi è più chiaro perché la rappresentante di classe acquisisce gli skill del digital coach e la pazienza del community manager

L’anno scorso ho avuto la fortuna di fare la rappresentante di classe sostituta (ossia quella che sarebbe dovuta intervenire in caso di dimissioni della titolare) e ho avuto modo, senza dover agire direttamente, di assaporare il brivido del ruolo, quel brivido gelido che senti scorrere lungo la schiena.

Indovinate, adesso, perché la mia “amica” mi ha taggato nell’articolo de Il Sole 24 Ore? Secondo voi chi aggiornerà nei prossimi mesi, a gran richiesta della maggioranza dei genitori, il suo profilo LinkedIn?

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