Intoccabili: abbiamo davvero capito cos’è successo con l’Ebola?

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È successo un pomeriggio al Book Pride che si è svolto a Genova a ottobre di questo anno: mancava un’ora alla presentazione del libro alla quale volevo assistere, così ho dato un’occhiata al programma e ho scoperto che, proprio in quel momento, stava iniziando l’incontro con Valerio La Martire, autore di Intoccabili, il libro testimonianza sull’epidemia di Ebola che si è scatenata nel centro dell’Africa nel 2014, pubblicato da Marsilio Editori (marzo 2017) in collaborazione con Medici senza frontiere.

È così che ho scoperto quello che è realmente successo in quel periodo e che non avevo effettivamente colto, un po’ per responsabilità mia che ho assimilato la notizia come “una delle tante epidemie”, ma forse anche per colpa della poca attenzione che i media hanno dato a questa tragedia, almeno fino a quando l’Ebola non ha iniziato a minacciare i paesi che appartengono a quel “noi” che usiamo spesso per contrapporci a un “loro” così lontano.

Gli intoccabili e la no touch mission

Noi e loro. Chi può fare meglio da ponte fra questi due mondi così lontani se non un medico operatore del “noi” che si reca in missione per aiutare “loro”? Valerio La Martire, volontario e collaboratore di varie organizzazioni umanitarie (fra le quali, appunto, Medici senza frontiere), racconta in prima persona la storia di Roberto “doc Roby”, il medico che, nell’estate del 2014, parte con MSF per una no touch mission a Monrovia, in Liberia, colpita dall’epidemia di virus Ebola iniziata in un villaggio sperduto della Guinea a fine del 2013.

Prima della partenza Roberto viene istruito a dovere sulla missione e, in particolare, sulle precauzioni da prendere e da rispettare rigorosamente per svolgere il suo compito di medico nei confronti dei malati di Ebola. Ma è solo quando raggiunge il centro allestito a Monrovia che si rende conto di cosa voglia dire effettivamente partecipare a una no touch mission: basta il primo gesto, ossia la mancata stretta di mano con un altro operatore, a fargli capire che sarà difficile combattere contro l’istinto naturale che porta le persone a mettersi in contatto le une con le altre. Gesti naturali, ma potenzialmente letali se nel mezzo c’è l’Ebola.

No, non avevo davvero capito nulla sull’epidemia di Ebola

I media, in quel periodo, ci hanno mai raccontato cosa stesse realmente succedendo? Probabilmente no perché Roberto e tutti gli operatori impegnati in quei luoghi hanno percepito la distanza del resto del mondo nei confronti dell’Ebola che stava sì facendo morti, ma non erano i morti ai quali rivolgere le dovute attenzioni. Tutto è cambiato quando il virus ha iniziato a minacciare i paesi occidentali, con alcuni casi che si sono manifestati al rientro dalle missioni e di cui tutti abbiamo sentito parlare.

“A Bruxelles stanno discutendo con le Nazioni Unite. Il progetto è di mantenere dei voli per portare materiali e personale medico. E per riportare indietro gli operatori a fine missione. Appena avremo aggiornamenti ve li comunicheremo”.

Una frase così e ti senti ancora più solo, abbandonato in una missione di cui davvero non importa a nessuno. Eppure le persone muoiono e noi non ce la facciamo.

La quarantena

Come ogni epidemia che si è manifestata nella storia dell’umanità, anche quella dell’Ebola ha un aspetto sociale: il ruolo di Umberto, l’antropologo, diventa fondamentale anche se, per Roberto. i medici e gli infermieri del centro, ciò che conta è curare, curare, curare per smaltire la montagna di pazienti che tutti i giorni si presenta al centro di MSF. Ma a cosa serve provare a guarire i pazienti, se fuori dal centro la popolazione viene solo obbligata alla quarantena, senza essere informata su ciò che deve fare per evitare il contagio, vedendosi portare via i cadaveri dei propri cari senza poter dare loro una degna sepoltura?

“L’Ebola è una malattia sociale dove capire è fondamentale”. E così fa Umberto visitando il distretto virtuoso di Commonwealth e quello degradato di West Point, ascoltando le comunità religiose e provando a capire il loro punto di vista, perché la violazione del rito del funerale e la cremazione obbligata dei cadaveri viene vista come uno sfregio alla popolazione, se questa non capisce che è strettamente necessaria.

Ma soprattutto l’Ebola è una malattia che si diffonde a causa dell’amore: quello della dottoressa che ha curato con tutte le sue forze la paziente malata, la stessa dottoressa che poi è tornata a casa dal marito e ha dormito con lui, con quel marito che il giorno dopo è andato a lavorare diventando lui stesso un veicolo di contagio.

L’Ebola è una malattia che ti punisce. Punisce e rende una colpa l’amore

Cosa mi ha fatto piangere e mi è rimasto nel cuore?

Non ho diritto a trovare altre parole per parlarvi di questo libro, ma posso elencarvi i motivi per i quali mi sono ritrovata a singhiozzare da sola, nel letto, con il libro in una mano e il fazzoletto nell’altra.

L’accumulo dei cadaveri che devono, necessariamente, essere bruciati per evitare il diffondersi del virus: un’immagine che non può non rievocare i campi di concentramento.

Eppure non riesco a togliermi dalla testa l’immagine di un gerarca nazista che sposta gli innocenti, li portavo a morire come si faceva nei campi di concentramento

Il momento più doloroso: quello del medico che deve compiere delle scelte di fronte ai pazienti che sono troppi e che sa che non potrà curare, e li deve selezionare magari mandando a casa un bambino e ricoverando un adulto in stato terminale.

La scelta terribile: Nel momento in cui non puoi accogliere tutti e devi compiere una scelta che in ogni caso sarà imperfetta, quale male scegli?

La solitudine di chi è destinato a morire e lo strazio di chi lo deve abbandonare sapendo che non potrà rivederlo neanche cadavere.

Infine c’è quel senso di colpa che ti assale quando ti rendi conto che tu sei quel “noi”: perché quando non ci si sofferma ad ascoltare le notizie che arrivano da lontano, senza approfondirle, senza capirle, si contribuisce a creare la distanza con “loro”, quella distanza che aumentava mentre l’Ebola si diffondeva sempre di più e noi facevamo inconsapevolmente parte di “una coalizione globale all’inazione”.

È la paura che rende sordi? No, è la mancanza di volontà politica che rende sorde le persone. L’epidemia di Ebola si è dimostrata un evento fuori dall’ordinario che ha rivelato quanto siano lenti e inefficienti i sistemi sanitari e umanitari nel rispondere alle emergenze.

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LA SCHEDA

Come si intitola? Intoccabili
Chi lo ha scritto? Valerio La Martire
Con quale editore? Marsilio Editori (2017)
Quante pagine ha? 144
Quanto costa? 15 euro il cartaceo, 9,99 l’ebook
Dove lo compro? sul sito dell’editore
Questo libro è adatto per: riflettere

Photocredit: valeriolamartire.com